martedì, Giugno 6 2023

È pas­sato un po’ troppo sotto silen­zio il rap­porto sulla ric­chezza mon­diale (e sulla sua distri­bu­zione) che il Cre­dit Suisse ha rila­sciato l’anno scorso.

Un po’ di dati: la ric­chezza tra il 2012 e il 2013 è aumen­tata del 4,9% e nel mondo ha rag­giunto 241mila miliardi di dol­lari. In Ita­lia sco­priamo che ci sono 29 milioni di per­sone che deten­gono una ric­chezza di più di 100mila dol­lari e oltre un milione e mezzo che hanno “in banca” più di un milione di dol­lari. In Europa ci sono 338.648 per­sone che hanno tra i 10 e i 50 milioni; 20.269 per­sone che deten­gono tra i 50 e i 100milioni di dol­lari; 10.024 per­sone che hanno tra 100 e 500 milioni; 650 per­sone che hanno tra 500 milioni e un miliardo di dol­lari e 411 iper-ricchi che dispon­gono di una ric­chezza di più di un miliardo di dollari.

La nostra non è una crisi ma una gigan­te­sca disu­gua­glianza sociale, frutto del dram­ma­tico rove­scia­mento di forze che i lavo­ra­tori hanno subito negli ultimi decenni, nei quali abbiamo assi­stito a una deva­stante contro-offensiva sul piano della con­qui­sta dei diritti, dell’uguaglianza, della fra­ter­nità (o della soli­da­rietà). Non è una contro-offensiva che ha col­pito “la sini­stra”, ma le con­di­zioni mate­riali di vita di tanta parte del mondo che la sini­stra nel secolo scorso era riu­scita a migliorare.

Una con­trof­fen­siva non del ber­lu­sco­ni­smo o del ren­zi­smo che sono degli epi­fe­no­meni. Ma di quella pic­cola parte della popo­la­zione mon­diale che è sem­pre esi­stita e ha sem­pre (sep­pur in diverse misure) dete­nuto potere e ric­chezza, entrambi costruiti sulla pelle e spesso sul san­gue del resto della popo­la­zione mon­diale. E che ha sem­pre lavo­rato, con ogni mezzo, com­preso il favo­rire l’astensionismo qui e altrove, per­ché il mano­vra­tore fosse il meno pos­si­bile disturbato

Per que­sto c’è biso­gno, qui e ora, di un per­corso di lavoro pra­tico, con­creto e quo­ti­diano per il pro­gresso delle con­di­zioni di vita delle per­sone. Non manca peral­tro chi già lo fa egre­gia­mente, le asso­cia­zioni come l’Arci, Emer­gency, Libera e tante altre meno note ma non meno effi­caci, o i gruppi di per­sone che ragio­nano sulla neces­sità di una nuova Europa, come gli eco­no­mi­sti che hanno fir­mato l’appello per una nuova Bret­ton Woods. Giu­sto dun­que coin­vol­gere chi già oggi lavora, con­cre­ta­mente, all’estensione di diritti e alla costru­zione di nuove forme di fra­tel­lanza (o soli­da­rietà, o mutua­li­smo che dir si voglia) per costruire un pro­gramma pra­tico e di lavoro effi­cace, ma il coin­vol­gi­mento deve por­tare a un pro­gramma politico.

Da Vol­taire a Gram­sci fino alla Teo­lo­gia della Libe­ra­zione non man­cano certo le basi teo­ri­che. Sarebbe utile aggior­narle alla luce delle nuove con­qui­ste dell’etologia, da Lorenz pas­sando per Gof­f­man per finire a Bate­son, che ci aiu­tano a dire che diritti, fra­tel­lanza, redi­stri­bu­zione della ric­chezza sono specie-specifiche e indi­spen­sa­bili alla per­ma­nenza dell’essere umano sul pia­neta terra. Non sono le “basi” che man­cano per dire che il pro­gresso dell’umanità non sono gli iPhone, ma ugua­glianza e diritti per tutti.

Non pos­siamo imi­tare Syriza e nem­meno Pode­mos, ma pos­siamo e dob­biamo impa­rare a dire cose sem­plici: ripren­derci la ric­chezza con­cen­trata in poche mani, e ricon­qui­stare diritti.

C’è biso­gno di con­fron­tarsi con la realtà, costruire un pro­getto con­creto che metta insieme le com­pe­tenze e le idea­lità neces­sa­rie a miglio­rare la vita di tutti. Per­ché dan­na­ta­mente con­creta è la forza di chi sot­trae le nostre ric­chezze e le con­cen­tra in poche mani ren­dendo con­cre­tis­sima la dispe­ra­zione di molti. E con­creti sono i segnali che ci dicono che il tempo è sca­duto. E che o si costrui­sce una pro­spet­tiva di vita migliore riap­pro­prian­doci di ciò che è nostro oppure vin­cerà chi sta spie­gando che il nemico è pro­prio quello lì di fianco a te, quello che lotta per la soprav­vi­venza come te. Ma per tutti e due non c’è posto.

Nes­suno, in que­sto pro­cesso, ha diritti da van­tare, nes­suno può essere ege­mone, nes­suno può det­tare la linea. Tutti invece abbiamo il dovere di met­terci, insieme, al ser­vi­zio di una neces­sità non più rin­via­bile: quella di tro­vare il modo di ridi­stri­buire la ric­chezza se dav­vero teniamo al futuro, non solo del nostro Paese. Si può fare?

Previous

Rassegna stampa papale Papale

Next

Milano, primo maggio 2015. Un'occasione sprecata

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Check Also