Non è l’Europa a dettare l’agenda del Governo che verrà, ma il mondo
Il Covid-19 ha portato via, oltre a centinaia di migliaia di vite umane, anche 114 milioni di posti di lavoro, con un impatto particolarmente devastante sulle donne, sui neri e sui popoli indigeni, sui migranti e sui disabili. Solo negli Usa, ci sono quasi 10 milioni di disoccupati in più rispetto all’epoca pre-Covid.
Il Programma Alimentare Mondiale stima che ci siano 123 milioni di persone in più che soffrono la fame. Il PIL europeo è sceso del 6,4 percento, del 5 percento nei paesi emergenti (ovviamente esclusa la Cina) e del 3,5 percento negli Stati Uniti.
Questo mentre tutti gli stati del mondo ricco davano fondo alle risorse per bloccare i licenziamenti e attivare i sistemi di sicurezza sociale.
Nel frattempo, secondo Bloomberg, la ricchezza dei primi 500 miliardari del mondo è cresciuta del 5%, con punte inimmaginabili fino a ieri, come quella del patron di Amazon che supera, primo al mondo, la soglia di 200 miliardi di patrimonio personale.
In tutto il mondo gli economisti ragionano sulle possibili riforme fiscali per sostenere la crisi, o addirittura per rilanciare l’economia, quando gli effetti sanitari della pandemia saranno passati ma si faranno molto più violenti quelli sociali e economici.
In Argentina è stata approvata una tassa una-tantum sulla ricchezza per sostenere le spese sanitarie e sociali.
Negli Usa e in Canada, si stanno preparando riforme fiscali nel segno della progressività.
In Svezia, Germania e Regno Unito aumentano le spinte verso la tassazione dei grandi patrimoni. In Francia, secondo un sondaggio di Odoxa, istituto di studi indipendenti, il 76% della popolazione vorrebbe una tassa sulle grandi ricchezze. In Canada, l’Abacus ha fatto un sondaggio simile, e il risultato è ancora più importante: una tassa dell’1% che colpisca i miliardari sarebbe ben vista. Il 64% dei cittadini statunitensi, secondo un sondaggio Reuters/Ipsos, pensa che “i molto ricchi dovrebbero contribuire con una quota extra della loro ricchezza totale ogni anno”.
Non sono diventati di colpo tutti comunisti: secondo questi sondaggi il 64% dei canadesi conservatori e il 54% degli elettori repubblicani statunitensi sostengono l’ipotesi di una tassa sui grandi patrimoni.
In Italia avremmo un vantaggio: la Costituzione Repubblicana, legge suprema, dice che la tassazione dev’essere progressiva. Anzi si spinge ancora più avanti, affermando che la proprietà privata è sì un diritto, ma è subordinato al bene supremo che è l’interesse collettivo. Eppure, ogni qualvolta si prova a ragionare sulla opportunità di tassare le grandi ricchezze, si levano scudi con scritto: “Giù le mani dalle tasche degli italiani”.
Chissà che cosa accadrebbe se a proporre un ragionamento su una forte progressività fiscale fosse un governo a guida Draghi. Magari, sarebbe la volta buona per riuscire a portare in questo Paese un poco di giustizia sociale in più.